Il monologo di Grignani sulle sue fragilità. E gli sfottò (vergognosi) su Twitter

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Gianluca Grignani è stato ospite de Le Iene. Si è speso in un lungo monologo in cui ha parlato delle sue dipendenze. L’alcol e gli eccessi fanno parte della suo passato, ma raccontandoli spera di aver “conquistato” la nostra fiducia. Se il passato è stato oscuro, il futuro non è roseo: parla di una generazione, la sua, che non è in grado di distinguere il bene dal male. Per fortuna però c’è la generazione Z, che lui chiama V come vittoria, che considera la “generazione dell’inclusività, capace di rendere tutti uguali nelle differenze, la generazione del cambiamento, la mano del futuro”. Una riflessione importante, che fa capire quanto Grignani sia ben connesso con il presente e quanto abbia compreso una generazione che in pochi riescono a vedere con lucidità, senza farsi coinvolgere dalla fase fatta sanno usare solo i social.

Il discorso è stato commentato molto su Twitter (stesso social dove fu vittima, durante Sanremo, di body-shaming dei famosi leoni da tastiera), ma gli utenti si sono focalizzati solo sulla velocità con cui ha parlato. Nei tre minuti di monologo ogni tanto delle parole si perdevano e così c’è chi scrive “Non pensavo che Grignani parlasse così velocemente”, e ancora “Quella di Grignani era una supercazzola?”, fino ad arrivare ai paragoni con i messaggi audio mandati su Whatsapp e ascoltati a velocità aumentata: “Rimettete l’audio di Grignani a 1x e non a 2x”. Qualcuno ha anche provato a difenderlo chiedendo ai chi ha commentato di andare oltre l’apparenza e giudicare quello che è stato detto.

Un’occasione persa, una nuova e ulteriore sconfitta di chi scrive cattiverie ma si nasconde dietro ad uno schermo. È più facile ottenere consensi criticando anziché formulando opinioni concrete che vadano oltre il superficiale. Perché sì è vero, quella di Gianluca Grignani non è stata la performance televisiva dell’anno in quanto a forma, ma è del contenuto che dovremmo occuparci, ogni tanto.

Il discorso di Gianluca Grignani a Le Iene
“La bottiglia di vodka volteggia nella mia mano lungo il soppalco della villa che si affaccia sulla collina di vigneti. Indosso una vestaglia blu – così inizia il discorso di Gianluca Grignani – La sostanza è nascosta sapientemente in bagno: ogni tanto la vado a trovare, per non cedere a qualcosa che neanche io so cosa è. L’alcool non fa effetto, non mi calma. Sono solo. Lo spazio che separa il soppalco dal pavimento è come la caduta dalla cima dell’Everest al fondo della Fossa delle Marianne”.

“Il mio cervello srotola immagini e pensieri in quest’ordine: padre, madre, figli, lavoro, amici. Mi sento cadere, ma il mio corpo è ancora lì. Fermo. Immobile. Grido: ‘La mia vita per un motivo…aiuto!’. Questo è un episodio della mia vita, mi sono messo a nudo, vi ho raccontato quello che ho lasciato alle spalle. Spero così di aver guadagnato la vostra fiducia in quanto a sincerità”, prosegue il cantautore.

“Permettetemi quindi, ora, di dirvi quello che penso del futuro, partendo da una massima che è da un po’ che tenevo nel fondo di un cassetto: “Non date mai ad un poeta in mano una chitarra, vi racconterebbe quello che i poeti nascondono in fondo al fiume della tristezza e il resto del mondo potrebbe scambiarlo per un grido di guerra”. Ecco questi siamo noi: il resto del mondo, confusi, influenzabili, incapaci di distinguere il bene dal male, passati anche attraverso una pandemia: alieni che non si riconoscono gli uni dagli altri”, questa la riflessione di Grignani.

L’artista parla anche dei giovani che non vede come dei fannulloni, anzi: “Poi c’è la generazione Z, che io ho ribattezzato V, come vittoria. Quella che io identifico come la mano tesa al mio grido: “la mia vita per un motivo”. Quelli che non hanno mai avuto bisogno dei libri perché hanno sempre avuto un computer, quelli che per loro è normale che il telefono faccia tutto tranne il caffè”.

“Loro – continua – che vengono indicati come la generazione dispersa, che non ha radici, invece è la prima che non è stata educata al motto “mors tua vita mea”, che non crede che tutto sia lecito se la vittoria è di uno solo, se vince il più forte. È la generazione dell’inclusività, capace di rendere tutti uguali nelle differenze, la generazione del cambiamento, la mano del futuro”.

“E da musicista voglio immaginare per loro e per tutti noi un finale diverso di una canzone famosissima “Hotel California” degli Eagles. In questo finale, anziché rimanere incastrati in un futuro senza immaginazione come nella versione originale, ci troveremo tutti, nessuno escluso, di nuovo nel deserto, liberi, ma con l’orizzonte davanti e con un inferno di fuoco ormai alle spalle. Ecco il mio augurio: un finale diverso e non un miraggio, una nuova Hotel California”, conclude Gianluca Grignani.

Il monologo di Grignani sulle sue fragilità. E gli sfottò (vergognosi) su Twitterultima modifica: 2022-04-29T14:29:46+02:00da maross8